Un'atmosfera silenziosa avvolge le alture del Sannio, dove il tempo si è fermato in un giorno di fine autunno. Non parliamo di un semplice rudere, ma di un intero antico borgo collinare, lasciato al riposo dopo un evento che ne ha riscritto il destino. È un luogo che chiede rispetto, un santuario di pietre che non ha bisogno di etichette turistiche o di nomi troppo sbandierati.
Qui, ormai solo le ombre lunghe danzano sui vicoli stretti, ogni architrave, ogni finestra vuota, è un frammento di storia congelata. Le origini di questo insediamento si perdono in un passato lontano, un tempo di insediamenti longobardi e di vite modeste.
Come per molti paesi fantasma campani la data fatidica e' quella del 23 novembre 1980, data che ha segnato il punto di non ritorno. Il violento sisma che sconvolse l'Irpinia non perdonò le fragili fondamenta di queste case montane. La terra tremò, le mura cedettero e, per la sicurezza dei suoi abitanti, il borgo dovette essere evacuato. Non fu una scelta, ma una necessità imposta dalla potenza della natura. E così, un intero paese si trasformò in un testimone muto, i suoi rumori sostituiti dal fruscio dell'edera che oggi si arrampica dove un tempo c'erano le risate dei bambini.
L'elemento più sorprendente è la geometria dei suoi vicoli, vere e proprie lame di pietra, talmente stretti che il cielo sopra di essi è ridotto a una sottile striscia azzurra, quasi un'illusione. Questa compressione dello spazio dona ai passaggi un'atmosfera unica, a tratti claustrofobica, dove la luce filtra con difficoltà e crea chiaroscuri drammatici. Si diceva che, in pieno inverno, la neve non riuscisse a toccare il selciato in alcuni punti, tanto le case erano serrate l’una all’altra, proteggendosi a vicenda.
Curiosamente, anche se la catastrofe che lo ha fermato è legata alla furia sismica del 1980, il vero declino era già iniziato anni prima. Come un organismo malato, il borgo aveva già visto i suoi abitanti lasciare le case a causa di movimenti del terreno meno evidenti, ma costanti. Il grande terremoto fu solo il colpo di grazia, l'atto finale che costrinse tutti ad andarsene definitivamente, lasciando dietro di sé una collezione involontaria di oggetti e dettagli di vita quotidiana.
Lungo il vicolo principale si possono riconoscere i resti delle vecchie botteghe. Una in particolare, forse una macelleria o un'attività alimentare, mantiene una porta di legno più massiccia e annerita, quasi un monolite che resiste all'oblio. L'aria stessa, a volte, sembra ancora conservare gli odori di quei mestieri.














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