Una mattina d’agosto, con il cielo limpido e il sole ancora gentile, siamo partiti alla scoperta della parte antica di Eboli, quella che in pochi conoscono davvero: Eboli Vecchia.
Una meta lontana dal turismo di massa, senza comitive rumorose o file all’ingresso, ma che ti ripaga con atmosfere autentiche, palazzi silenziosi e quel senso di passato sospeso che solo certi luoghi riescono a trasmettere.
Dalla piazza alla Chiesa di Santa Maria della Pietà
Abbiamo iniziato dalla piazza principale, uno slargo tranquillo, dove il tempo sembra essersi fermato. A dominare la scena è la Chiesa di Santa Maria della Pietà: massiccia, severa, con una facciata semplice ma solenne, segnata dal tempo e dall’umidità, ma proprio per questo vera.
Entrarci è stato come mettere piede in un’altra epoca. L’interno era fresco, quasi umido, con le pareti spesse e gli archi in pietra viva. Alcuni affreschi sbiaditi decorano ancora l’abside, mentre l’altare, spoglio ma dignitoso, custodisce un’aura di devozione silenziosa.
Tra i vicoli del centro storico: palazzi e chiesette dimenticate
Usciti dalla chiesa, ci siamo lasciati guidare dai vicoli, senza una meta precisa. È così che si scopre Eboli vecchia: perdendosi. I palazzi antichi, alcuni ancora abitati, altri chiusi da decenni, raccontano storie con i loro portoni in legno consumato, i balconi in ferro battuto, le insegne sbiadite.
Tra una curva e l’altra, sono spuntate piccole chiesette minori, alcune aperte, altre sprangate ma visibili attraverso grate o portoni a vetri. Ogni edificio sembrava parlarci: santi scoloriti, croci di ferro arrugginite, ex voto rimasti lì, dimenticati. Un piccolo santuario aveva ancora le candele consumate, lasciate probabilmente da qualche devoto di passaggio.
Il Convento di Sant’Antonio e il mistero del rullo
Poi siamo arrivati lì, al Convento di Sant’Antonio, un edificio imponente ma nascosto, in parte restaurato. È un convento di clausura, quindi l’accesso all’interno è vietato, ma la parte esterna è già di per sé affascinante.
La cosa che più ci ha colpiti sono state quelle finestre con grata, una accanto all’altra, strette, lunghe, quasi invisibili se non ci stai attento. Ma ancora più curioso era quel rullo in legno incassato nel muro. Sembrava una specie di tamburo girevole, e per un attimo ci siamo chiesti a cosa potesse servire.
Poi abbiamo capito: probabilmente era usato per passare oggetti, medicine o cibo alle suore, senza mai mostrarle. Un modo per mantenere il completo isolamento, secondo la regola della clausura. Un gesto semplice, ma carico di spiritualità e significato. Oggi, è un dettaglio che potresti anche non notare, ma fermandoti lì qualche minuto, ti accorgi che è uno degli elementi più intensi dell’intero giro.
I suoni del silenzio
Mentre camminavamo, ci siamo resi conto che c’era quasi totale silenzio. Niente auto, niente vociare. Solo qualche cane in lontananza, il vento tra i rami e il rumore dei nostri passi sulle pietre. In un mondo che corre, Eboli vecchia cammina piano, e se la ascolti, ti racconta.

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