Durante una delle mie prime esplorazioni in Basilicata – di quelle che andrebbero assolutamente rifatte – mi sono imbattuta in un luogo che ha lasciato un segno profondo: la Masseria Torre del Quinto. Non si tratta della solita masseria abbandonata immersa nel silenzio della campagna lucana. Qui, tra ruderi e vento, si respira ancora il peso di una storia drammatica, legata agli ultimi fuochi del brigantaggio postunitario.
La masseria si erge isolata, come sospesa nel tempo, tra muretti a secco e campi selvatici. Ma dietro la sua apparenza austera, custodisce un passato di sangue e resistenza.
Uno scontro tra Savoia e briganti
Fu proprio qui, nei pressi della Torre del Quinto, che si consumò uno degli scontri più violenti tra l’esercito sabaudo e i briganti lucani. A guidare le truppe regie era il maggiore D’Errico, un ufficiale del neonato Regno d’Italia incaricato di reprimere le bande armate che ancora combattevano nelle terre del sud.
Dall’altra parte, a difendere l’onore perduto del Regno delle Due Sicilie, c’era il famigerato “Sergente Romano”, uno dei capibanda più attivi dell’epoca, diretto alleato di Carmine Crocco. La loro intenzione era quella di unirsi alle truppe del leggendario Crocco, ma la sorte cambiò i piani: la banda fu intercettata nei pressi della masseria e cadde in un’imboscata mortale.
Il pozzo dei briganti
Ancora oggi, a pochi metri dalla masseria, si trova un luogo che fa da tragico monumento a quella battaglia: il Pozzo dei Briganti. Secondo la tradizione orale, fu qui che vennero gettati i corpi dei briganti caduti nello scontro, sepolti in silenzio, senza onori né ricordi.
Il pozzo, ormai in disuso e inghiottito dalla vegetazione, è un simbolo crudo della guerra civile non scritta che insanguinò il sud Italia dopo l’unificazione. Un luogo che richiama alla memoria le tante vittime rimaste ai margini della storia ufficiale.
Un luogo da riscoprire
La Masseria Torre del Quinto non è soltanto un rudere da fotografare: è un punto di partenza per riflettere su una pagina complessa della nostra storia, spesso dimenticata o semplificata. Camminare tra le sue pietre, ascoltare il silenzio che la circonda, è come varcare una soglia invisibile nel tempo.
Chi ama l’esplorazione urbana, la storia non convenzionale e le atmosfere cariche di memoria troverà qui un luogo unico, dove ogni rovina racconta qualcosa che i libri spesso tacciono.
Perché tornare
Ritornare alla Masseria Torre del Quinto non è solo un capriccio da esploratore nostalgico. È un atto di memoria, un modo per dare voce a una storia sommersa. Un’esperienza che merita di essere vissuta e condivisa.
Approfondimento storico: il brigantaggio postunitario
Il brigantaggio fu un fenomeno complesso e diffuso nel Sud Italia dopo il 1861, anno in cui fu proclamata l’Unità d’Italia. Non si trattò semplicemente di criminalità comune, ma di una vera e propria resistenza armata contro il nuovo stato italiano, percepito da molte popolazioni meridionali come un invasore straniero.
I briganti, spesso ex soldati borbonici o contadini esasperati, si opposero con ogni mezzo alle forze sabaude, vivendo in molte zone come una sorta di esercito parallelo. Carmine Crocco, considerato il capo più noto, riuscì a creare una rete di alleanze con molte bande, tra cui quella del Sergente Romano.
Questa lotta provocò violenti scontri e rappresaglie che segnarono profondamente la storia sociale e culturale del Mezzogiorno, lasciando tracce ancora visibili nei luoghi e nella memoria collettiva.
Un luogo da riscoprire
La Masseria Torre del Quinto non è soltanto un rudere da fotografare: è un punto di partenza per riflettere su una pagina complessa della nostra storia, spesso dimenticata o semplificata. Camminare tra le sue pietre, ascoltare il silenzio che la circonda, è come varcare una soglia invisibile nel tempo.
Chi ama l’esplorazione urbana, la storia non convenzionale e le atmosfere cariche di memoria troverà qui un luogo unico, dove ogni rovina racconta qualcosa che i libri spesso tacciono.
Consigli per la visita
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Posizione: La masseria si trova in una zona rurale della Basilicata, non sempre segnalata sulle mappe. È consigliabile consultare guide locali o fare riferimento a chi conosce bene il territorio.
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Accessibilità: Si tratta di una struttura abbandonata e in parte pericolante, quindi è importante visitarla con prudenza e preferibilmente in compagnia.
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Quando andare: La primavera e l’autunno sono le stagioni migliori, per evitare il caldo estremo e godere dei colori della campagna lucana.
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