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Castello Giusso di Sicignano degli Alburni: il Gigante Dormiente tra Storia e Mistero! prv SA

 

Il Castello Giusso di Sicignano degli Alburni non è solo un vecchio castello : è un vero viaggio nel tempo, con una vista pazzesca sui maestosi Monti Alburni  e una manciata di misteri ancora sospesi tra le sue mura.

Il castello affonda le sue radici nel Medioevo, ma il nome che porta oggi arriva dal Settecento, quando fu acquistato dalla famiglia Giusso del Galdo, nobile casato napoletano che lo usava come rifugio estivo (altro che casa vacanze).

Prima di loro ci sono passati Longobardi, Normanni e Angioini. Insomma, chiunque avesse un po’ di potere nel Sud Italia ci ha messo mano. O meglio: ha messo pietre su pietre per trasformarlo in una fortezza con vista strategica su tutta la valle.

Non aspettarti una reggia, ma nemmeno una casetta diroccata. Il Castello Giusso si estende su oltre 2.500 metri quadrati, con torri, mura spesse, cortili e resti di ambienti interni ancora ben visibili. Alcuni dicono che ci siano cisterne e passaggi segreti... e onestamente, ci piace crederci.

La vista dall’alto vale tutta la salita: panorama top sul paese e sui monti Alburni.

Alcune zone sono in rovina, ma proprio per questo hanno un fascino che sa di “fermati qui e scatta una foto”.

Ci sono leggende? come ogni castello che si rispetti Ovviamente sì.

Tra i racconti più popolari, quello di una bambina scomparsa in un incendio e di voci notturne che si sentirebbero ancora oggi. C’è anche chi parla di una figura femminile tra le mura, ma nessuno ha mai voluto controllare troppo da vicino...

In più, si dice che ci sia un passaggio segreto che porta dal castello a un antico convento poco distante.

Se ami l’esplorazione urbana, qui trovi il mix perfetto: un castello semi-abbandonato, poco conosciuto, circondato da natura e silenzio. È il posto ideale per fare foto, girare un reel o semplicemente goderti il fascino decadente di un luogo che non ha bisogno di effetti speciali per colpire.

Tra le tante stanze  del Castello Giusso, ce n’è una che ha resistito al tempo ed è stata  ripristinata: la Cavallerizza. Il nome fa già venire in mente destrieri, armature e rumore di zoccoli... e in effetti non siamo lontani dalla realtà.

Cos’era esattamente la Cavallerizza?

La Cavallerizza era uno spazio adibito all’addestramento e alla custodia dei cavalli, ma nel caso del Castello Giusso aveva un uso misto:

  • Parte era destinata a scuderia coperta,

  • Parte usata per l’allenamento dei cavalieri,

  • E in tempi più recenti (XVIII-XIX secolo), riutilizzata come sala polifunzionale dai Giusso.

  • Oggi, grazie a un intervento di consolidamento e recupero, la stanza è accessibile e visitabile, con parte della copertura e delle pareti riportate a nuova vita. Un RARISSIMO esempio di come si può valorizzare un bene storico anche senza stravolgerlo.

  • Il Castello Giusso è grande e articolato. Anche se parte è in rovina, alcuni elementi chiave sono ancora leggibili. Ecco cosa sappiamo:

    • Superficie complessiva: circa 2.500

    • Altezza delle mura: fino a 12-15 metri nei punti meglio conservati

    • Torri: 3 principali, di forma rettangolare e con resti di camminamenti

    • Piani: il castello si sviluppava su due piani principali, più ambienti sotterranei (cisterna, deposito)

    • Stanze: si stima avesse tra 20 e 25 ambienti interni, tra camere, magazzini, cucine e sale

    • Quello che resta (e quello che si può ancora vedere)

      • La Cavallerizza, appunto, è una delle poche stanze integre. Ampia, con volta a botte e pareti spesse, si distingue subito.

      • Alcune camere padronali al piano superiore sono riconoscibili dai resti di pavimentazione in cocciopesto e dalla vista panoramica.

      • Una cisterna sotterranea, usata per raccogliere acqua piovana, è ancora visibile nella corte.

      • Alcuni affreschi molto rovinati si intravedono in nicchie murarie: probabilmente decorazioni settecentesche.

      • Da non perdere nella visita:

        • La Cavallerizza, per la struttura e l’atmosfera.

        • I ruderi della torre nord, da cui si vede tutto il borgo e oltre.

        • Le scalette in pietra laterali: alcune conducono a punti panoramici nascosti.

        • L’ingresso principale, ancora imponente nonostante l’abbandono.


Il castello era un micro-mondo autosufficiente, costruito per resistere agli attacchi ma anche per gestire il potere locale. Vediamolo a blocchi:

Difesa e controllo del territorio

  • Posizionato in alto per controllare visivamente la valle e proteggere il borgo sottostante.

  • Mura spesse, torri d’avvistamento e un solo accesso carrabile: tutto pensato per resistere agli assedi.

  • Le torri permettevano di lanciare dardi o pietre sui nemici e comunicare con altri avamposti.

    2. Residenza signorile

    • Al piano superiore viveva il signore feudale con la sua famiglia.

    • Camere da letto, sale di rappresentanza, una piccola cappella e perfino una zona “di lusso” con affreschi.

    • Ospitava anche funzionari e servitori, spesso stabiliti nelle stanze inferiori o nei magazzini riconvertiti.

      3. La Cavallerizza e gli animali

      • Stalla, scuderia e spazio di manovra per cavalli e cavalieri.

      • Serviva per addestrare la cavalleria leggera, ma anche come rimessa invernale.

      • Era il cuore operativo della mobilità del castello.

        4. Vita quotidiana e provviste

        • C’erano depositi di grano, vino e olio, conservati nei magazzini inferiori o nelle cisterne.

        • L'acqua veniva raccolta tramite una grande cisterna sotterranea alimentata dalla pioggia.

        • La cucina era separata per ridurre il rischio di incendi.

          5. Amministrazione del feudo

          • Il signore riceveva qui tributi e tasse dai contadini della zona.

          • Il castello ospitava anche atti legali, assemblee locali e ricevimenti ufficiali.

          • Era un punto di riferimento politico, militare e sociale per tutta la zona.

            6. Chi ci viveva?

            • Il signore e la sua famiglia

            • Soldati (armigeri, arcieri, guardie)

            • Servitori, stallieri, cuochi

            • A volte anche monaci o notai per funzioni religiose e legali

            • Mini Tour Urbex + Wildex tra Sicignano degli Alburni e Petina

Tra monasteri maledetti, mulini abbandonati e grotte dimenticate

Se ami l’esplorazione vera, quella fatta di silenzi, rovine, natura invadente e leggende sussurrate, questo mini tour tra Sicignano degli Alburni e Petina fa proprio al caso tuo. Una giornata (o due, per i più hardcore) per vivere un’avventura tra luoghi dimenticati, religione, mistero e paesaggi selvaggi.


1. Il Monastero Maledetto (o del Diavolo) – Sicignano degli Alburni>>>>>

Nascosto in località Galdo, tra gli alberi e i ruderi, c’è un monastero che i locali chiamano “maledetto”. Nessun cartello, nessuna guida: solo racconti orali e una strana atmosfera.

Si narra che chi vi ha passato la notte abbia sentito lamenti, suoni di campane invisibili, ombre che si muovevano tra le stanze. Oggi restano solo i resti di una cappella, qualche affresco sbiadito e pietre che sembrano trattenere le storie di chi ci ha vissuto.

Luogo perfetto per chi ama l’urbex con quel tocco dark.


2. Monastero di San Onofrio – Petina>>>>>>

Più su, sulle pendici del Monte Panormo, si trova il vecchio Monastero di San Onofrio. Antico rifugio di monaci ed eremiti, oggi è abbandonato ma ancora in parte leggibile.

Si possono distinguere alcune celle monastiche, i resti di un refettorio e la piccola chiesetta. Da qui si gode di una vista spettacolare sulla valle. Il silenzio è totale, rotto solo dal vento e dal canto degli uccelli.

Un luogo sospeso nel tempo, ideale per chi cerca un'esperienza più spirituale ma sempre immersa nella natura.


3. La Valle dei Mulini ad Acqua – Petina>>>>

Seguendo il corso del torrente Trigento, si entra in una valle piena di fascino e storia: la Valle dei Mulini. Qui, nascosti tra la vegetazione, si trovano diversi mulini in pietra, ormai inghiottiti dal verde ma ancora riconoscibili.

Alcuni hanno conservato la ruota metallica o le canalizzazioni in pietra. Il sentiero, seppur non segnalato ufficialmente, è percorribile con attenzione. È uno dei pochi luoghi dove l’archeologia rurale incontra la natura selvaggia in modo così diretto.

Perfetto per scatti da reportage o passeggiate contemplative.


4. La Grotta del Brigante

Salendo ancora, verso le rocce degli Alburni, si trova una cavità naturale conosciuta localmente come Grotta del Brigante . Non è segnalata e raggiungerla richiede un po’ di orientamento e fiuto da esploratore.

Dentro, un’umidità costante e graffiti antichi. Si pensa che sia stata rifugio di pastori, eremiti o briganti. L’aria qui è diversa: più densa, carica di suggestione.

Una torcia è obbligatoria, così come il rispetto assoluto per l’ambiente.


5. (Bonus) Salita serale al Castello Giusso – Sicignano

Per chiudere la giornata (o iniziarla, se sei un tipo da albe), la salita al Castello Giusso è una tappa obbligata. Ruderi affascinanti, panorama mozzafiato e un’atmosfera perfetta per respirare storia.

Se sei con amici, puoi raccontare qualche leggenda della zona, magari proprio quella del monastero maledetto, con vista sulla valle che si colora al tramonto.

Cose da vedere a Sicignano sia Urbex che Wildex c'è ne sono tantissime La Ferrovia Fantasma di Sicignano Degli Alburni, con le stazioni abbandonate, di Castelluccio, Petina , il maestoso Ponte Dei Cosentini, vari caselli abbandonati, area pic nic sul fiume Tanagro, boschi incontaminati e tanto altro